Strumentazione installata | rilevamento automatico: 14 estensimetri a filo, 2 termometri, 1 pluviometro, 1 nivometro
rilevamento manuale: 60 linee distometriche, 2 punti GPS, 3 tubi inclinometrici
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Descrizione del dissesto |
La frana della Val Pola, verificatasi il 28 luglio 1987, ha avuto origine sul versante orientale del M. Zandila, in destra idrografica del F. Adda, in corrispondenza del T. Pola. Si tratta della riattivazione di un’antica paleofrana, favorita, oltre che dall’assetto strutturale del substrato roccioso, dalle continue e intense precipitazione cadute nel luglio 1987. La frana, del volume di circa 32 milioni di metri cubi, si è evoluta come una valanga di roccia (rock avalanche). La nicchia di distacco si individua tra i 2250 e i 1700 m s.l.m.; l’accumulo sul fondovalle, che ha raggiunto lo spessore massimo di 90-100 m, si è distribuito linearmente per 2,5 km in direzione N-S sul fondovalle principale, interessando il territorio compreso tra il Ponte del Diavolo e l'abitato di Aquilone in Comune di Valdisotto (SO), causando il temporaneo sbarramento dell’Adda, con la formazione di un invaso a monte dell’accumulo che raggiunse un’estensione di circa 760.000 mq, la distruzione degli abitati di S. Antonio Morignone, Morignone, Poz, Tirindrè, S. Martino ed Aquilone, oltre a un lungo tratto della S.S. 38. Una parte dei detriti di frana è risalita anche sul versante opposto fino alla quota di 1350 m s.l.m.
L’evento provocò 29 vittime (7 operai al lavoro per ripristinare la strada statale e 22 abitanti di Aquilone, non evacuata perché non si immaginava che la frana potesse avere dimensioni così apocalittiche). Per evitare il rischio di inondazioni sul fondovalle per il cedimento della diga (evento che non si poteva escludere a priori, data l’estensione del bacino), alla fine di agosto del 1987 fu eseguita la tracimazione controllata dell’invaso fino al suo completo svuotamento. Il 15 giugno 1988 si ebbe una parziale riattivazione del fenomeno, con un crollo in prossimità della nicchia principale. Il sistema di monitoraggio installato a seguito dell’evento principale aveva registrato il progressivo allargamento di fratture poste parallelamente alla scarpata di frana e il progressivo incremento delle emissioni acustiche, permettendo di prevedere l’evoluzione del fenomeno. Da allora l’analisi dei dati del monitoraggio non ha più evidenziato situazioni di criticità o movimenti significativi. |