Il monitoraggio delle acque superficiali prevede il controllo dei principali corsi d’acqua (laghi e fiumi) tramite la misura delle acque, della vegetazione acquatica, dei sedimenti e del detrito minerale organico sedimentabile (DMOS). I pesci, ed in particolare le specie carnivore, sono in grado di accumulare i radionuclidi presenti e forniscono utili indicazioni sulla qualità delle acque superficiali. Vengono controllati anche i principali depuratori misurando le acque in ingresso (reflui fognari), le acque depurate in uscita ed i fanghi usati per i trattamenti di depurazione.
Il monitoraggio radiometrico delle acque superficiali prevede il controllo dei principali laghi e fiumi tramite la misura delle acque, della fauna e della vegetazione acquatica, dei sedimenti e del detrito minerale organico sedimentabile. Vengono controllati anche i principali impianti di depurazione delle acque reflue urbane allo scopo di verificare la qualità delle acque immesse nei corpi idrici a valle della depurazione e controllare nel contempo la presenza di eventuali accumuli di radioattività presso gli impianti (in particolare nei fanghi di depurazione).
Le acque superficiali
Il controllo delle acque di lago e di fiume prevede la misura della concentrazione di attività alfa e beta totale, dei gamma emettitori (tra cui cesio 137 e iodio 131) nonché, in alcuni casi, analisi di approfondimento per la ricerca dei radioisotopi artificiali stronzio 90 e plutonio 238, 239 e 240. Vengono costantemente monitorate le acque del Lario - o lago di Como - prelevate in due distinti punti (Como e Dervio) e quelle del fiume Po prelevate immediatamente a valle dell’immissione del Mincio (Ostiglia) – vedi Figura 1. I risultati sono riassunti in Tabella 1 e 2. In nessun campione si evidenzia la presenza di radioattività artificiale. La misura dell’attività alfa o beta totale, che in alcuni casi ha fornito dati positivi, è dovuta alla presenza della radioattività naturale normalmente presente nelle acque sia superficiali che sotterranee.
I sedimenti e il Detrito Minerale Organico Sedimentabile (DMOS)
Il Detrito Minerale Organico Sedimentabile (DMOS) è il materiale in sospensione nell’acqua di un fiume che tende a sedimentarsi nell’alveo del fiume stesso. A differenza dei sedimenti, il DMOS è in fase di sospensione, concentra i radionuclidi presenti in acqua e fornisce quindi informazioni sulla storia recente del corso d’acqua superficiale, permettendo l’individuazione di eventuali recenti contaminazioni. Per tale motivo le misure previste sono quelle dei radionuclidi gamma emettitori a vita breve, oltre alla misura del cesio 137. Vengono esaminati con cadenza trimestrale campioni provenienti dal fiume Po a valle delle immissioni del Ticino, Lambro, Adda e Mincio (rispettivamente prelevati presso Linarolo, Orio Litta, Cremona e Ostiglia), dai fiumi Oglio (Pumenengo), alto Adda (Dubino) e Mella (Milzano).
I pesci d’acqua dolce
I pesci d’acqua dolce costituiscono, oltre che un alimento, anche un buon bioindicatore della contaminazione delle acque superficiali, in particolare per quanto riguarda i laghi che sono spesso caratterizzati da fattori di ricambio delle acque molto limitati. Poiché i maggiori laghi della zona prealpina, Ceresio e Lario, sono stati colpiti in modo significativo dalle ricadute di Chernobyl, il controllo della contaminazione delle specie ittiche è stato avviato subito dopo l’incidente e prosegue tutt’oggi (Figura 2). Il piano dei controlli prevede il prelievo, nei laghi Ceresio e Lario, di specie ittiche erbivore od onnivore, soggette a bioaccumulo dei radionuclidi, e specie carnivore soggette a biomagnificazione. L’analisi delle serie storiche evidenzia una contaminazione residua più significativa nel lago di Lugano (Ceresio) rispetto al lago di Como (Lario). E’ continuato il monitoraggio dei pesci del lago Maggiore e del lago di Garda inserito nel 2013 nel piano di campionamento.
Gli impianti di depurazione delle acque
La presenza di radioattività nelle acque reflue è dovuta principalmente all’utilizzo di sostanze radioattive non sigillate nelle strutture sanitarie: i radiofarmaci, che sono somministrati ai pazienti a scopo diagnostico o terapeutico, vengono parzialmente escreti e possono confluire nelle reti fognarie cittadine, sia in quelle collegate alle strutture sanitarie che in quelle delle abitazioni dei pazienti dimessi dopo i trattamenti. Le strutture sanitarie operano normalmente all’interno di specifici ambiti legislativi (D.L.vo 230/95 e s.m.i.) che consentono lo scarico, in quantità controllate, di sostanze radioattive nell’ambiente. Poiché i tempi di dimezzamento fisico dei radionuclidi utilizzati a questo scopo variano da poche ore ad alcuni giorni, nella maggioranza dei casi la radioattività decade rapidamente e scompare entro pochi giorni dalla somministrazione; fa eccezione lo iodio 131 che avendo un tempo di dimezzamento fisico di circa 8 giorni decade completamente in circa un mese e mezzo. Gli impianti di depurazione delle acque rappresentano di conseguenza un punto di accumulo dei reflui radiocontaminati: le campagne di indagine hanno lo scopo di verificare l’impatto ambientale dell’uso a scopo sanitario di sorgenti radioattive non sigillate e di appurare l’efficacia dei processi di depurazione nella rimozione di sostanze radioattive.
Oltre a ciò, alcuni impianti di depurazione sono autorizzati a ricevere e trattare anche alcune tipologie di rifiuti liquidi di origine industriale, che per motivi vari possono contenere tracce di radioattività.
Sono normalmente effettuati prelievi semestrali in 12 depuratori (uno per provincia lombarda, vedi Figura 3), scelti tra i maggiori. In tutti gli impianti sono stati realizzati campionamenti, su base semestrale, delle acque in ingresso (reflui fognari), delle acque in uscita (acque depurate) e dei fanghi di depurazione. In 5 di questi 12 impianti, autorizzati anche al trattamento dei rifiuti liquidi di origini industriale, è stato effettuato anche il controllo dei rifiuti liquidi di origine industriale in ingresso all’impianto e dei fanghi di trattamento di tali rifiuti.
I risultati sono riassunti in Tabella 1, tra i radionuclidi di origine sanitaria è riportato solo il più significativo (iodio 131). Il cesio 137 riscontrato, invece, è probabilmente derivante dall’incidente di Chernobyl. I depuratori che sono autorizzati a trattare anche rifiuti di origine industriale hanno fornito risultati del tutto confrontabili con quelli degli altri impianti. Tenuto conto degli approfondimenti e delle valutazioni già effettuate lo scorso anno, si conferma quindi che con le modalità di gestione attualmente adottate, non è ipotizzabile alcun problema radioprotezionistico in relazione ai processi di depurazione delle acque, né nei confronti dei lavoratori degli impianti né della popolazione. Data tuttavia la diffusione di tali impianti e l’ubiquitaria presenza di radioattività il loro monitoraggio costante è certamente un utile presidio a tutela della popolazione e dell’ambiente.
Le conclusioni
Il monitoraggio delle acque e sedimenti dei fiumi e laghi lombardi non ha portato alla rilevazione di anomalie dal punto di vista della radioattività
La presenza di radioattività negli impianti di depurazione è un fatto atteso ed è dovuta principalmente alle deiezioni di persone cui sono stati somministrati radiofarmaci; la radioattività presente nei fanghi è dovuta in modo prioritario allo iodio 131; le concentrazioni misurate non sono rilevanti dal punto di vista della radioprotezione. Anche gli impianti autorizzati al trattamento dei rifiuti liquidi di origine industriale sinora monitorati non hanno evidenziato alcun problema. Sono quindi sempre rispettati i criteri che secondo la normativa vigente in materia di radioprotezione garantiscono la non rilevanza radiologica, vale a dire l’assenza di qualunque implicazione per l’ambiente e per le persone.