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La spettrometria gamma
La maggior parte delle sostanze radioattive emette radiazioni gamma. Queste, molto penetranti, hanno la capacità di attraversare la materia e per questo motivo, a differenza di quanto avviene con la radiazione alfa e beta (vedi di seguito), è possibile misurare senza particolari pretrattamenti campioni massivi, fino a circa 2 kg. La preparazione di un campione per la misura gamma è abbastanza semplice: il campione dopo essere stato omogeneizzato (operazione in molti casi inutile, ad esempio quando si analizzano campioni liquidi) viene trasferito in recipienti di forma sempre uguale e costruiti in modo tale da ottimizzare l’interfaccia campione-rivelatore: spesso vengono usati recipienti detti “beaker di Marinelli”, grossi cilindri con un foro nel centro che sono posizionati sopra al rivelatore, che così si trova immerso nel campione.

Il rivelatore (oggi i più utilizzati sono rivelatori a semiconduttore al germanio iperpuro, HPGe) trasforma le radiazioni gamma che lo colpiscono in segnali elettrici e questi a loro volta generano uno spettro che indica quali isotopi radioattivi sono presenti e in che quantità. Ogni radionuclide emette infatti un insieme tipico, per forma ed energia, di radiazione gamma, una specie di impronta digitale che permette di individuare le diverse sostanze radioattive e di quantificare la loro
attività. La comunità scientifica internazionale profonde un impegno continuo nell’aggiornamento delle informazioni sulle modalità di decadimento dei nuclei radioattivi; l’insieme di questi dati è raccolto in manuali che sono aggiornati periodicamente e consultabili in rete (www.nucleide.org/Laraweb).

Schema di decadimento del cesio 137 (da
www.nucleide.org/Laraweb)
La misura dei campioni avviene all’interno di una camera con spesse pareti di piombo e per i campioni ambientali e alimentari dura normalmente molte ore. Una più completa descrizione di questa tecnica è contenuta nel manuale per la misura della radioattività.

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I metodi radiochimici
Alcuni importanti elementi radioattivi come l’uranio, il plutonio, lo stronzio 90, il polonio 210, emettono principalmente radiazioni alfa o beta, che sono facilmente bloccate dalla materia. Per essere misurate devono essere estratte dal campione in cui sono contenute, purificate con tecniche radiochimiche (cioè trattamenti chimici studiati appositamente per i composti radioattivi) e disposte in strati molto sottili in modo da poter essere inserite nello strumento di misura a stretta vicinanza del rivelatore che così può intercettare la radiazione alfa o beta e trasformarla in un segnale numerico (conteggio) o in uno spettro simile a quello descritto precedentemente per la spettrometria gamma. Nel primo caso si parla di misure di conteggio e contatori alfa/beta, nel secondo di spettrometria alfa o beta. Tutti i metodi radiochimici permettono di determinare l’attività dei campioni. Anche in questo caso l’argomento può essere approfondito consultando il
manuale per la misura della radioattività.

Misura per spettrometria alfa di un campione di uranio nel terreno. L’uranio è stato estratto dal campione utilizzando complesse procedure radiochimiche e elettrodepositato in uno strato monoatomico su un dischetto di nichel che viene misurato utilizzando uno spettrometro alfa contenuto in una camera sottovuoto per ottimizzare la qualità della misura.

Esistono diversi tipi di contatori e spettrometri alfa e beta che si differenziano per il principio fisico di rivelazione o per il materiale con cui sono realizzati: rivelatori a semiconduttore, rivelatori proporzionali a flusso di gas, scintillatori plastici o liquidi, eccetera.
Per la misura della radioattività nelle acque è particolarmente utile ed efficiente la tecnica della scintillazione liquida che consiste nel miscelare il campione d’acqua con un particolare liquido chiamato “cocktail scintillante” che ha la caratteristica di trasformare le radiazioni alfa e beta in minuscole scintille luminose, invisibili ad occhio nudo ma che, all’interno dello specifico strumento utilizzato (contatore per scintillazione liquida o LSC), vengono amplificate e trasformate in uno spettro.

Per maggiori informazioni, oltre al manuale sopra citato è disponibile una
specifica dispensa (pdf) realizzata dal CRR.

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Garantire la qualità delle misure
L’affidabilità del risultato analitico fornito dal laboratorio è di importanza cruciale; per questo motivo in tutti i settori analitici, incluso quello delle misure di radioattività, sono stati sviluppate strategie di verifica e controllo al fine di fornire una completa “assicurazione di qualità” del dato analitico.
A questo fine lo strumento più importante è l’accreditamento della prova (analisi) secondo la norma internazionale
ISO/IEC 17025 “Requisiti generali per la competenza dei laboratori di prova e di taratura”. Questa fornisce indicazioni sulle caratteristiche della procedura analitica da utilizzare, sulla gestione di tutto il percorso analitico, sulle operazioni di taratura e controllo da effettuarsi sugli strumenti utilizzati, sull’addestramento dei tecnici che eseguono la prova, sulle dimostrazioni periodiche della propria capacità analitica mediante la partecipazione a specifiche esercitazioni (interconfronti). Il laboratorio che intende accreditare una o più prove deve poter dimostrare di soddisfare a tutte le richieste di questa norma e sottostare annualmente ad una approfondita verifica da parte di una commissione esaminatrice dell’Ente che gestisce l’accreditamento (in Italia Accredia); nel corso della visita ispettiva la commissione esamina tutta la documentazione del laboratorio e chiede di eseguire in presenza degli esaminatori una o più analisi. L’accreditamento ISO 17025 deve quindi essere confermato ogni anno dopo aver superato con successo il controllo ispettivo. L’importanza dell’accreditamento si è in generale molto accresciuta negli ultimi anni ed è aumentato di pari passo il numero di laboratori italiani, anche in ambito radiometrico, che hanno richiesto e ottenuto questo riconoscimento. Il CRR di ARPA Lombardia ha ottenuto l’accreditamento delle prime prove nel 2007; ad oggi i principali metodi di prova utilizzati sono tutti accreditati ISO 17025 (numero di accreditamento 1324 L).
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Strumenti portatili e misure in campo
I livelli di radiazione possono essere misurati in campo con diversi tipi di strumenti.
I più diffusi misurano la
dose gamma, una grandezza che permette di quantificare i livelli complessivi di radiazione presente in ambiente senza però identificare il radionuclide che la produce. Questi strumenti sono in grado di misurare solo l’irraggiamento esterno, non servono cioè a quantificare la dose di radiazioni che assorbiamo a seguito di incorporazione di materiale contaminato (per ingestione, inalazione o permeazione attraverso la cute). Poiché quasi tutte le specie radioattive emettono radiazione di tipo gamma, comprese quelle di origine naturale come l’uranio, il torio e il potassio 40, uno strumento per la dose gamma misura sempre un valore diverso da zero, che può variare da zona a zona e che di solito è compreso tra 50 e 200 nSv/h.
Le foto mostrano alcuni esempi di strumenti per la misura della dose gamma: tutti misurano la dose (Sv) anche se tecnicamente possono sfruttare principi di misura diversi: ci sono ad esempio scintillatori plastici, scintillatori inorganici a ioduro di sodio e rivelatori geiger (lo strumento per antonomasia per la misura delle radiazioni, anche se al giorno d’oggi non il più sensibile e utilizzato).
In alcuni casi questi strumenti sono utilizzati per creare delle
reti di misura della dose gamma distribuite sul territorio in modo tale da garantire una copertura continua dei livelli di radiazione in ambiente. Il grafico riporta, ad esempio, i livelli di radiazione misurati da due diverse centraline posizionate entrambe nella città di Milano: come si vede il valore di fondo è diverso nelle due postazioni, il picco intorno al 18 gennaio è invece correlato a periodi di pioggia durante i quali viene trasportata a terra la radioattività naturale presente in aria che contribuisce così ad aumentare i livelli di radiazione di fondo.

Dati esemplificativi della dose gamma misurata a Milano in due diverse località. In entrambi i casi i valori misurati sono dovuti al fondo ambientale di radiazioni, variabile da punto a punto
Un’altra classe di strumenti da campo è quella dei
contaminametri, strumenti utilizzati per la misura della contaminazione superficiale soprattutto da radiazione alfa e beta: questi strumenti hanno all’incirca la forma di un ferro da stiro, la parte sensibile alle radiazioni è quella inferiore ed ha la caratteristica di avere una finestra molto sottile che permette anche alla radiazione poco penetrante, come la radiazione alfa e beta, di raggiungere il volume sensibile del rivelatore. La presenza della finestra sottile (di solito un foglio di mylar) li rende più delicati, sono però strumenti utilissimi per accertare la presenza di livelli importanti di contaminazione da radionuclidi che emettono radiazione alfa (come l’uranio o il polonio 210) o beta (come il trizio). Tecnicamente, i principi di misura più utilizzati in questi tipi di strumenti sono quelli dei rivelatori proporzionali e degli scintillatori plastici o a solfuro di zinco. Le foto mostrano alcuni di questi strumenti, in questo caso le misure sono espresse in conteggi per secondo (cps), sono cioè misure “relative” che devono essere interpretate, per confronto, dai tecnici.
Lo strumento più sofisticato che si può utilizzare in campo è infine lo spettrometro gamma che consente di identificare le specie radioattive presenti: è una versione portatile degli spettrometri da laboratorio, molto delicato e spesso molto costoso. In campo lo spettrometro gamma più diffuso è lo
spettrometro a ioduro di sodio a bassa risoluzione, meno costoso ma anche meno efficace nell’identificare tutte le specie radioattive rispetto allo spettrometro gamma per antonomasia, lo
spettrometro al germanio iperpuro (HPGe) ad alta risoluzione. La foto mostra il confronto tra gli spettri gamma della medesima sostanza (radio 226) misurati da uno ioduro di sodio e da un germanio: la ridotta capacità di risoluzione dello ioduro di sodio “impacchetta” picchi vicini che invece il germanio riesce a distinguere chiaramente, aumentando così la sua capacità di identificazione delle sostanze radioattive presenti.

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Lo sapevi che...?
L’unità di misura dell’attività secondo il Sistema Internazionale è il Becquerel (Bq), che equivale a 1 disintegrazione (o decadimento) al secondo. Storicamente però la prima unità di misura dell’attività è stata il Curie (Ci), definito come il numero di decadimenti al secondo di 1 grammo di radio 226, la prima sostanza radioattiva ad essere scoperta. Numericamente Ci e Bq sono diversissimi: 1 Ci corrisponde a 37 miliardi di Bq. Succede così che valori di radioattività che possono sembrano grandissimi quando sono espressi in Bq diventano piccoli quando sono trasformati nell’equivalente in Ci.
Un litro di latte che contiene 370 Bq di cesio 137, il valore limite stabilito dalla normativa europea, contiene una quantità di cesio 137 pari a meno di un decimiliardesimo di grammo, per l’esattezza 0,000000000115 g. Le attività che attualmente misuriamo nel latte sono circa 10.000 volte inferiori (0,05 Bq/kg circa), corrispondenti in peso a quantità dell’ordine del femtogrammo (1 fg = 10-15 g) di cesio 137.
Gli strumenti che misurano le radiazioni possono essere classificati sia sulla base della loro funzione (misuratori di dose – dosimetri; misuratori di contaminazione superficiale – contaminametri; misuratori di spettro di radiazione – spettrometri) che sulla base del principio fisico utilizzato per misurare le radiazioni (camere a ionizzazione, contatori proporzionali, rivelatori a semiconduttore, eccetera). Il termine Geiger, ad esempio, identifica un principio di rivelazione delle radiazioni (produzione di una scarica a valanga di coppie ione-elettrone all’interno di un volume di gas a seguito dell’interazione con la radiazione) che viene utilizzato per realizzare sia contatori (strumenti che contano le particelle radioattive e restituiscono i risultati in cps) che dosimetri (strumenti che misurano la dose e restituiscono i risultati in Sv).