Il controllo della radioattività negli alimenti consumati dalla popolazione lombarda è una delle nostre attività più importanti, richiesta sia dalla legge italiana che europea.
Ogni anno analizziamo oltre 400 campioni degli alimenti più comuni scelti in base alle indicazioni del piano regionale di monitoraggio, che viene definito ed attuato in accordo con la Direzione Generale Welfare regionale e le Aziende per la Tutela della Salute (ATS), che si occupano dei prelievi.
Gli alimenti sono prelevati presso grandi centri di distribuzione e selezionati in modo tale da essere rappresentativi di quanto effettivamente consumato da larga parte della popolazione, anche se non necessariamente di origine locale o regionale. Alcuni prodotti di largo consumo che hanno importanti centri di produzione nella nostra regione, come ad esempio il riso, sono prelevati direttamente presso i produttori.
Il
piano regionale prevede anche il controllo di campioni di “pasto completo” prelevati in mense aziendali o scolastiche, alimenti per animali (mangimi e foraggio) e acqua potabile.
Le analisi hanno come scopo la ricerca di situazioni di contaminazione antropica da radioisotopi artificiali, come il cesio 137 e lo stronzio 90.

I risultati in breve
Dopo il 1986, anno dell’incidente di Chernobyl, non si sono più verificati superamenti dei limiti previsti per gli alimenti con l’unica eccezione di
alcuni campioni di funghi e selvaggina (vedi schede).
Nei casi in cui si rilevano ancora radioisotopi artificiali (cesio 137 e stronzio 90) in quantità misurabile, le concentrazioni sono così piccole da non rendere ipotizzabili rischi per la salute umana. Le quantità rilevate sono sempre compatibili con gli strascichi lasciati in ambiente dall’incidente di Chernobyl e dai test nucleari in atmosfera degli anni ’60.
Il monitoraggio del latte vaccino fresco fornisce risultati coerenti con l’andamento storico della radiocontaminazione prodotta dall’incidente di Chernobyl e dai test nucleari in atmosfera degli anni ’60. Oggi la maggior parte delle analisi di cesio 137 restituisce valori inferiori alla sensibilità dei metodi analitici, specialmente per il latte prodotto nella zona meridionale della regione. I valori di stronzio 90 misurati nel corso degli ultimi anni sono pressoché costanti e, come per il cesio 137, leggermente più alti per i campioni provenienti dalla fascia prealpina e alpina rispetto alla pianura. In ogni caso, i valori rilevati sono inferiori per diversi ordini di grandezza ai limiti. Non è pertanto ipotizzabile nessuna conseguenza per la salute.
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Il piano dei controlli
Il piano dei controlli è definito sulla base di quanto previsto dalla Raccomandazione Europea 2000/473/Euratom e dalle Linee Guida nazionali per il monitoraggio della radioattività ed ha come scopo la ricerca di contaminazione antropica da radionuclidi artificiali (cesio 137, stronzio 90, eccetera).
Gli alimenti da analizzare sono così individuati:
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Alimenti solidi: sono gli alimenti più comuni che costituiscono la dieta media, diversa da nazione a nazione. La composizione della dieta media italiana è stata definita sulla base delle informazioni raccolte dall’Istituto Nazionale per la Nutrizione ed è riportata nelle
Linee Guida nazionali.
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Latte vaccino: è un componente importante nell’alimentazione umana e, in particolare, dei bambini. È inoltre un indicatore importante di eventuali fenomeni di radiocontaminazione perché la catena ambientale di trasferimento della contaminazione dall’ambiente al latte è particolarmente veloce. Il latte viene trattato più diffusamente in una scheda dedicata (vedi: Latte vaccino).
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Acqua potabile: il suo controllo ha un’importanza primaria anche se nella nostra Regione le possibilità reali di inquinamento antropico dell’acqua potabile, in gran parte di origine sotterranea, sono molto limitate. Il controllo dell’acqua è però importante anche rispetto al contenuto di radioattività naturale ed ha una regolamentazione specifica, che viene trattata nella
sezione dedicata.

Composizione della dieta media giornaliera italiana per le diverse classi di età (in grammi)
Il
Piano regionale dei controlli è quindi definito sulla base dei seguenti criteri:
- il piano di monitoraggio della radioattività negli alimenti prevede l’esecuzione di controlli dei
principali componenti della dieta umana (per lo più prodotti non derivati) con lo scopo di valutare l’esposizione complessiva della popolazione lombarda
- il criterio di selezione dei prodotti da sottoporre a controllo è quello del
largo consumo: vengono prelevati presso grandi centri di distribuzione (tipicamente mercati generali) gli alimenti pronti per la vendita sul territorio regionale, anche se prodotti in altre regioni
- la scelta del tipo di frutta e verdura da analizzare viene effettuato secondo il criterio della stagionalità
- le analisi sono dirette principalmente alla misura dei radionuclidi gamma emettitori, tra cui il cesio 137, che costituiscono la stragrande maggioranza delle sostanze radioattive esistenti. In alcuni casi specifici viene effettuata anche la misura dello stronzio 90 che oltre al cesio 137 è l’altro elemento radioattivo che è ancora possibile misurare in tracce in alcuni tipi di alimenti.
I criteri utilizzati per valutare i risultati delle analisi sono descritti nella
scheda (pdf).
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La regolamentazione
Il
Regolamento 733/2008, stabilisce il livello massimo di contaminazione da radiocesio nei prodotti d’importazione, agricoli e trasformati, destinati all’alimentazione umana. In senso stretti questi limiti valgono solo per l’importazione da paesi terzi (cioè per i paesi che non appartengono all’Unione Europea).
Livelli massimi di contaminazione per importazione di prodotti agricoli da paesi terzi

(a) Il livello applicabile ai prodotti concentrati o disidratati è calcolato sulla base del prodotto ricostituito pronto per il consumo
Sempre a livello europeo è stata inoltre emanata il 14 aprile 2003 una
Raccomandazione volta a mantenere sotto controllo i livelli di contaminazione da cesio in alcuni prodotti di raccolta spontanei, prodotti entro il territorio dell’Unione e destinati al mercato interno anche attraverso canali differenti da quelli della catena alimentare agro-industriale; la Raccomandazione prevede quindi per l’immissione sul mercato di selvaggina, bacche selvatiche, funghi selvatici e pesci carnivori di lago il rispetto del livello di 600 Bq/kg per la somma di cesio 134 e cesio 137. Esiste poi una normativa specifica per le acque potabili che sono trattate nel dettaglio nella
scheda dedicata.
In caso di emergenza scattano infine i valori limite definiti dall’Unione Europea nel
Regolamento Euratom 2016/52 che stabilisce i livelli massimi di concentrazione nei diversi alimenti e per diverse classi di radionuclidi, con una attenzione particolare alla tutela dell’infanzia.
Livelli massimi ammissibili per i prodotti alimentari e per gli alimenti per animali in caso di emergenza radiologica (Reg. Euratom 2016/52)

(1) Isotopi del plutonio e di elementi transplutonici che emettono radiazioni alfa, in particolare
239Pu e
241Am
(2) Tutti gli altri nuclidi il cui tempo di dimezzamento supera i 10 giorni, in particolare
134Cs e
137Cs. Nel caso di mangimi animali, si considerano esclusivamente gli isotopi del cesio
Una trattazione più approfondita di questo tema è disponibile a questo
link (articolo Novara).
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Il latte
Il latte vaccino è l’alimento controllato con la frequenza più elevata sia perché è un componente importante nell’alimentazione umana, in particolare dei bambini, sia perché risente immediatamente di eventuali fenomeni di radiocontaminazione ambientale: all’epoca dell’incidente di Chernobyl, la contaminazione del latte vaccino si manifestò dopo pochi giorni dall’arrivo della nube, mentre per la carne ci vollero alcune settimane.
Il latte ha inoltre la caratteristica di funzionare, in qualche misura, da “accumulatore” di alcune specie radioattive. Questo è vero, ad esempio, per lo stronzio 90, una specie radioattiva di origine artificiale rilasciata in ambiente dalle esplosioni e dagli incidenti nucleari, chimicamente analoga al calcio e che pertanto viene metabolizzata dalle bovine nel medesimo modo, concentrandosi nel latte.
Il piano regionale dei controlli prevede la verifica periodica del
latte vaccino fresco prodotto dalle principali centrali di produzione lombarde, che di norma utilizzano latte di origine locale. Il latte vaccino fresco è una matrice alimentare fortemente legata al luogo di produzione, che di solito si trova nelle immediate vicinanze della centrale di lavorazione; per questo motivo sono ancora visibili differenze tra il latte prodotto nel nord della Lombardia (vedi ad esempio il confronto tra il latte della centrale di Milano e quella di Varese nel grafico), che è stato interessato in modo più pesante dalle ricadute di Chernobyl, rispetto a quello prodotto nella zona centro-meridionale.
Il piano dei controlli prevede anche la verifica di campioni di
latte vaccino a lunga conservazione, anche di produzione estera, ed in alcuni casi di
latte di stalla.

Punti di prelievo del latte vaccino di centrale e di stalla in Lombardia

Concentrazione di cesio 137 nel latte della Centrale di Varese dal 1986 a oggi
Anche nei primi giorni dopo l’incidente di Chernobyl la concentrazione di Cs-137 non ha mai superato nè il valore di riferimento per le emergenze, pari a 1000 Bq/kg, né quello per le situazioni ordinarie pari a 370 Bq/kg. Dal 1992 la maggior parte delle misure ha fornito risultati inferiori alla minima attività rivelabile.

Concentrazione di cesio 137 nel latte delle centrali di Milano e Varese nei primi anni dopo Chernobyl
I valori di concentrazione di cesio sono riportati in scala logaritmica per permettere di apprezzare la differenza nei latti di provenienza diversa, in questo caso Milano e Varese. Questo scarto è imputabile a differenze nell’alimentazione dei bovini, in particolare rispetto all’uso di foraggio fresco: il latte prodotto nella zona delle Prealpi lombarde ha risentito in modo particolare della contaminazione provocata dall’incidente di Chernobyl del 1986.
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Lo sapevi che...?
In caso di fallout radioattivo, come quello provocato dall’incidente di Chernobyl, gli alimenti più esposti alla contaminazione sono frutta e verdura che, se crescono all’aperto, sono esposti direttamente alle ricadute al suolo di materiale radioattivo, sia sotto forma di polveri che di pioggia. La verdura a foglia larga, in particolare, funziona come una specie di ombrello capovolto e raccoglie tutte le precipitazioni. All’epoca dell’incidente di Chernobyl, ad esempio, nella nostra Regione i livelli massimi di contaminazione sono stati superati nel 12% dei campioni di verdura a foglia larga, nel 2% dei campioni di ortaggi e nel 21% dei campioni di frutta. In termini percentuali, una persona che non avesse rispettato i divieti al consumo a suo tempo emanati avrebbe assorbito una dose di radiazioni dovuta, per lo più, proprio al consumo di frutta e verdura.
Contributo % dei principali alimenti alla dose da ingestione dopo l’incidente di Chernobyl