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Neve e ghiacciai

Si riporta l'ultima analisi disponibile.

Confronto livello di neve cumulata al suolo (altezza in cm) in sette stazioni automatiche di riferimento. Dati della stagione invernale 2023-2024 e relative medie delle serie storiche di archivio.

La stagione invernale 2023/2024 è stata migliore rispetto all’inverno 2022-2023. La parte iniziale della stagione è stata caratterizzata da abbondanti precipitazioni su tutti i settori lombardi che ha consentito un buon innevamento. Questo periodo si è seguito da un trend siccitoso lungo i mesi invernali (dicembre, gennaio e febbraio) successivamente variato da una primavera ricca di precipitazioni e temperature miti garantendo un generale recupero e mantenimento dell’innevamento medio.

Dal confronto delle medie annuali per le rispettive stazioni di riferimento con i dati raccolti durante la suddetta stagione invernale, si può notare come il volume di neve fresca cumulata tendenzialmente sia al di sopra delle medie. Pertanto, si conferma che le precipitazioni nevose sono state maggiori sulle montagne appartenenti ai settori delle Retiche Centrali e dell’Adamello (vedi immagine).  

L’innevamento di questa stagione registra una eccedenza rispetto alla media degli ultimi 24 anni, grazie alle abbondanti precipitazioni e temperature più miti arrivate principalmente tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera.

Di seguito vengono analizzati gli aspetti e gli eventi meteorologici principali che hanno caratterizzato la stagione invernale 2023-2024 nei diversi settori delle montagne lombarde.

La stagione autunnale si rileva piuttosto ricca di precipitazioni solide con un conseguente deposito nevoso rilevante. Situazione che ha interessato la maggior parte delle montagne lombarde alle quote tra i 1800 m e i 2100 m in conseguenza a temperature superiori alla media stagionale. Infatti, si sono registrate temperature medie intorno a 7°C al di sopra dei 2000 m e climi ancora miti alle quote inferiori, come si evince dalla temperatura massima di 16°C registrata nella località di Madesimo Alpe Motta, stazione Campodolcino (1880 m) in data 29 ottobre 2022. Temperature che vedono un leggero abbassamento ai primi di novembre, così come nella seconda metà del mese, ove si registrano le prime modeste nevicate in quota con altezze di neve fresca al suolo a partire dai 15 cm.

Le perturbazioni di fine novembre e dicembre hanno principalmente interessato i settori più orientali della Lombardia, quali Retiche Orientali e Adamello, con livelli medi dei depositi nevosi di 30-40 cm, i quali costituiranno un importante contributo alle quote tra i 2100 m e i 2200 m. Per tutto dicembre e gennaio al di sopra dei 2300 m si possono annotare temperature oscillanti intorno alla media stagionale di circa -1°C e precipitazioni nevose abbastanza frequenti con conseguente incremento dell’altezza del manto nevoso. Novembre, dicembre e gennaio evidenziano apporti di moderata entità anche alle quote tra i 2400 m e i 2500 m, con singoli depositi di neve fresca fino a 50 cm (data 5 dicembre 2022) e successivo assestamento del manto nevoso intorno ai 120-130 cm per tutto l’inverno fino alla prima metà di aprile. In parallelo, per le località attorno ai 1800-1900 m, si sono registrati massimi di accumulo prettamente nel mese di dicembre, con apporti anche di 57 cm alla stazione di Madesimo (1880 m) in data 4 dicembre 2022. Tali eventi sono stati favoriti da temperature prossime agli 0°C con massime non superiori a 2°C.

In generale, il mese di febbraio si presenta piuttosto stabile con temperature sempre prossime ai 0°C oltre i 2000 m sui settori centro-orientali. Contesto favorevole alla preservazione del manto nevoso. A cavallo tra gennaio e febbraio si annotano venti prevalenti con velocità media di circa 8 m/s (equivalente circa a 30 km/h) in quasi tutte le stazioni di riferimento; la conseguenza da un punto di vista nivologico è la ridistribuzione del manto nevoso, con ampie zone erose alternate a locali accumuli anche di medio grandi dimensioni, e problematiche legate alla neve ventata (valanghe a lastroni).

Nella fascia alpina compresa tra i 1800 m e i 2000 m si registra a febbraio un periodo di 10 giorni particolarmente secchi e caldi per la media stagionale, con temperature di 9-10°C, con propensione alla parziale riduzione di spessore della neve depositata i mesi precedenti.

Marzo e aprile si rivelano mesi interessanti per le dinamiche di accumulo. Intorno ai 1800-1900 m si verificano importanti eventi nevosi con apporti di 20-30 cm su tutto l’arco delle Retiche lombarde in contemporanea a un abbassamento delle temperature minime, per le quali si registrano nella giornata del 15 marzo – 7°C a 2151 m Lanzada Palù e -14 °C a 3032 m al passo Marinelli.  Alle quote superiori fino ai 2300 m i livelli di altezza neve si mantengono pressoché costanti intono ai 90 cm per l’intero periodo. Nonostante ciò, inizio aprile si presenta come un periodo di instabilità tra i 1800 m e i 2100 m dove si comincia ad avvertire un clima più primaverile, con le ultime leggere nevicate di pochi centimetri. Episodio rilevante si è verificato al 21 aprile deponendo al suolo ben 70 cm di neve fresca anche a 1900 m (zona omogenea delle Retiche Occidentali – area dell’alta Valchiavenna). Dato il periodo, tali apporti nevosi perderanno rapidamente spessore. La seconda metà di aprile si è prospettata proficua in termini di accumulo nevoso per le maggiori quote con eventi di precipitazione ancora di 20-30 cm nei pressi dei 2300 m e di 40-50 cm (14-21 aprile e 2 maggio) a 2400-2500 m. Nel suddetto periodo si sono registrate temperature massime intorno ai 10°C e picchi di temperature minime di -14°C. Tali cicli di fusione e rigelo hanno determinano un miglioramento complessivo della stabilità del manto nevoso.

Maggio è caratterizzato da temperature medie massime intorno ai 13°C e minime di 3°C (approssimati). Clima decisamente più mite anche a 2000 m con temperature medie di 10-11°C e a 3000 m di 5-6°C, decretando così il termine della stagione di accumulo nevoso.

Attività eolica poco rilevante in quanto inferiore a 5,5 m/s (ossia 20 km/h).  

Sulle Prealpi lombarde, gli eventi nevosi sono stati più ricorrenti rispetto l’anno prima, ma di minor intensità. Infatti, il quantitativo di neve accumulata al suolo non supera i 20 cm tra i 1000 e i 1200 m e i 30 cm per le quote maggiori fino ai 1800 m. Inverno caratterizzato da un clima prettamente fresco e mai pienamente freddo, con oscillazioni termiche leggermente superiori alla media. A quote superiori i 1700 m, nelle sezioni delle Prealpi bresciane e lariane, si possono evidenziare tre importanti contributi alla componente nevosa stagionale rispettivamente a fine dicembre, fine gennaio e metà aprile. Eventi ritenuti rilevanti per il mantenimento di un sottile strato di neve al suolo, creatosi inseguito al miglior andamento stagionale che registra più giorni di nevicate, sebbene con quantitativi modesti. Mentre, nel settore bergamasco a quote inferiori ai 1100m, si calcolano volumi di neve ancora più contenuti.

Per tutte le località, con l’inizio di maggio si registrano trend negativi, con territorio privo di innevamento anche a quote superiori ai 1800m.

Consuntivo stagionale delle campagne Snow-Water Equivalent. Dati assoluti in Kg/m3 e percentuali differenziali anno corrente e anno precedente.

La stima del contenuto idrico della neve (SWE) a scala regionale, consente di valutare la quantità totale di equivalente in acqua immagazzinata nella neve e la sua distribuzione spaziale. Tale parametro riveste notevole importanza nel bilancio idrologico, in quanto rappresenta una riserva idrica che ha capacità di rilascio graduale ed è al tempo stesso un fattore da monitorare nella catena di controllo e di allertamento idrogeologico.

Il calcolo del SWE si basa sulla valutazione dell'estensione della copertura nevosa e sulla misurazione dell'altezza e della densità del manto nevoso.

I campionamenti sono stati svolti alle quote comprese tra i 2.877 metri sulla Vedretta di Savoretta ed i 3.645 del Ghiacciaio di Fellaria Orientale. Questi completano ed integrano i dati raccolti in continuo attraverso la rete capillare di stazioni nivometeorologiche automatiche presenti sul territorio montano lombardo collocate a quote inferiori.

Sono stati eseguiti decine di carotaggi e di misure dell’altezza del manto nivale su:

  • ghiacciai del Vioz e Dosegù nel Sottogruppo Cevedale-San Matteo;
  • ghiacciaio dei Vitelli nel Sottogruppo Ortles-Cristallo;
  • ghiacciai dell’Adamello e del Pisgana nel Gruppo dell’Adamello;
  • ghiacciai di Fellaria Orientale e dello Scalino nel Gruppo del Bernina.
  • ghiacciai di Alpe Sud e di Savoretta nel Gruppo Sobretta-Gavia.

Rispetto agli anni precedenti non sono state effettuate le misure sul Fellaria Occidentale, ma sono stati campionati per la prima volta il ghiacciaio dello Scalino e di Savoretta.

Dai dati complessivamente raccolti si può confermare che l’ultima stagione sia stata caratterizzata da un innevamento nella media durante l’inverno e nettamente superiore nei mesi primaverili (considerando gli ultimi 15 anni) su tutte le montagne lombarde, rendendo la stagione 2023-2024 una delle migliori dell’ultimo ventennio come quantitativi di accumulo nivale.

Nell’immagine viene riportato l'equivalente in acqua della neve (SWE) calcolato a partire dai dati raccolti, espresso in kg/m² (ovvero considerato come il peso dell'acqua di disgelo per metro quadrato che risulterebbe se il manto nevoso si fondesse del tutto).

Sono stati riscontrati quantitativi di neve notevolmente superiori rispetto agli scorsi anni. Gli spessori variano tra i 2 e 7 m sui diversi ghiacciai, con minimo nelle quote più basse e una densità media di 560 kg/m3.

I valori più elevati di SWE sono stati misurati nella zona dell’alta Valmalenco sull’ apparato glaciale di di Fellaria Orientale (40 m di neve cumulata). Valori compresi tra 27 e 30 m di neve cumulata sui ghiacciai dello Scalino, dell’Adamello e Savoretta e tra i 20 e 24 m in Ortles-Cevedale e Sobretta con un incremento medio del 160% rispetto alla stagione 2022-2023.

Concludendo si può affermare che i primi mesi invernali della stagione 2023-2024 siano stati caratterizzati da accumuli nivali nella media. La primavera, ricca di perturbazioni, ha determinato significativi incrementi di spessore del manto a tutte le quote. Questi, favorendo la formazione di accumuli degni di nota sui ghiacciai posti alle fasce altimetriche superiori, oltre che rallentare il processo di fusione dei ghiacciai, migliorano il bilancio idrico della stagione in corso.

 

Ghiacciaio di Alpe sud a settembre 2024 e grafico arretramento

I ghiacciai rispondono in modo diretto e rapido alle dinamiche di cambiamento climatico (variazione temperature e regimi pluviometrici) modificando le proprie caratteristiche morfologiche e la loro dinamica con una riduzione della massa glaciale, un progressivo arretramento delle fronti glaciali, un incremento delle zone crepacciate, la formazione di depressioni e di laghi sulla superficie, l’aumento dell’instabilità di seracchi pensili. Questa grande sensibilità alle variazioni del clima rende i ghiacciai dei preziosi indicatori che consentono di quantificare l’intensità con cui sta agendo il riscaldamento globale.

Il Centro Nivometeorologico di ARPA Lombardia monitora diversi ghiacciai sull’arco alpino lombardo, sia mediante rilievi invernali, volti a quantificare l’entità degli accumuli nivali, che nel periodo estivo autunnale al fine di quantificarne la perdita di massa attraverso varie metodologie di rilievo (confronto letture paline ablatometriche, misure georadar, rilievi geodetici tramite GNSS e aerofotogrammetria).

In generale si può affermare che il 2024 è stato un anno relativamente negativo per il glacialismo alpino, considerando la forte riduzione di volume degli ultimi due anni. Infatti, il 2024 ha subito una riduzione glaciale molto inferiore rispetto al 2022 (anno peggiore della serie) e 2023. Anche se l'inverno e la primavera hanno registrato abbondanti precipitazioni, queste non sono state sufficienti a compensare l'impatto delle alte temperature estive, segnando in negativo il bilancio glaciologico lombardo con modeste perdite di massa. Fortunatamente le prime nevicate autunnali di fine settembre hanno bloccato questo trend negativo.

Nelle aree dei settori Retici sono state rilevate riduzioni di spessore medie di 1,8 metri a un'altitudine di 3000 metri, accompagnate da moderate variazioni negative delle fronti glaciali. Questi dati sottolineano la tendenza attuale, con una conseguente contrazione e arretramento delle lingue glaciali, ormai sempre più assottigliate e situate a quote progressivamente più elevate.

Questo quadro è coerente con quanto registrato a più larga scala sulle Alpi e a livello globale.

Andamento dei gradi di pericolo nelle zone omogenee del Bollettino di pericolo valanghe

La stagione invernale 2023-2024 è stata caratterizzata da una criticità mediamente marcata.

Sui settori Retici, Adamello e Orobie il grado di pericolo maggiormente utilizzato (con una percentuale di circa il 45% dei bollettini emessi) è stato il 2 moderato (su una scala che va da 1 debole a 5 molto forte), mentre sui settori prealpini caratterizzati da maggior quota (Prealpi Lariane, Bergamasche e bresciane) il grado più ricorrente è stato l’1 debole.

Alle quote collinari delle Prealpi Varesine e Appennino Pavese, lunghi periodi dell’inverno sono stati caratterizzati da assenza di neve rispettivamente il 47% ed il 63% dei bollettini emessi (indicata sul bollettino con l’icona “no snow”).

Alle fasce altimetriche maggiori, il 3 marcato è stato emesso nel 40 % dei bollettini, con il grado 1 debole pari al 3%.

Il grado 4 forte è stato utilizzato in media 13 volte sui settori Retici, Adamello e Orobie e 10 volte nelle Prealpi Lariane di 10 volte. Nei settori delle Prealpi Brescine e Bergamasche è stato utilizzato 6 volte mentre per le Prealpi Varesine e gli Appennini Pavesini non vengono mai utilizzati.

Rispetto la passata stagione quella del 2023-2024 presenta una maggior criticità evidenziato da un maggior numero di giorni classificati con grado di pericolo 3 marcato e 4 forte.

Confronto livello di neve cumulata al suolo (altezza in cm) in sette stazioni automatiche di riferimento. Dati della stagione invernale 2022-2023 e relative medie delle serie storiche di archivio.

La stagione invernale 2022/2023 è stata migliore rispetto all’inverno 2021-2022. La parte iniziale dell’inverno è stata caratterizzata da penuria di precipitazioni su tutti i settori lombardi, con un trend siccitoso analogo alla stagione 2021-2022. Gli spessori medi di innevamento registrati dalla rete di stazioni nivometeorologiche automatiche di ARPA Lombardia erano modesti a tutte le fasce altimetriche, lambendo il minimo storico. La primavera ha garantito una generale ripresa delle precipitazioni nevose, soprattutto alle quote medio-alte, favorendo un generale recupero dell’innevamento medio.

Dal confronto delle medie annuali per le rispettive stazioni di riferimento con i dati raccolti durante la suddetta stagione invernale, si può notare come il volume di neve fresca cumulata tendenzialmente sia al di sotto delle medie, salvo per la località di Aprica per la quale si rileva un leggero aumento. Pertanto, si conferma che le precipitazioni nevose sono state più abbondanti sulle montagne appartenenti al settore Orobico, con picchi nella sezione più a est. (vedi immagine)

Sebbene, l’innevamento sia stato favorito da temperature più attinenti alla media stagionale e da eventi di precipitazione in quota più regolari, il quantitativo di neve fresca al suolo continua a registrare un andamento in leggero calo rispetto alla media degli ultimi anni.

 

Andamento dei gradi di pericolo nelle zone omogenee del Bollettino di pericolo valanghe

Di seguito vengono analizzati gli aspetti e gli eventi meteorologici principali che hanno caratterizzato la stagione invernale 2022-2023 nei diversi settori delle montagne lombarde.

L’inizio della stagione autunnale si rileva piuttosto asciutto con scarse precipitazioni solide e conseguente assenza di depositi nevosi rilevanti. Situazione che ha interessato la maggior parte delle montagne lombarde alle quote tra i 1800 m e i 2100 m in conseguenza a temperature superiori alla media stagionale. Infatti, si sono registrate temperature medie intorno a 7°C al di sopra dei 2000 m e climi ancora miti alle quote inferiori, come si evince dalla temperatura massima di 16°C registrata nella località di Madesimo Alpe Motta, stazione Campodolcino (1880 m) in data 29 ottobre 2022. Temperature che vedono un leggero abbassamento ai primi di novembre, così come nella seconda metà del mese, ove si registrano le prime modeste nevicate in quota con altezze di neve fresca al suolo a partire dai 15 cm.

Le perturbazioni di fine novembre e dicembre hanno principalmente interessato i settori più orientali della Lombardia, quali Retiche Orientali e Adamello, con livelli medi dei depositi nevosi di 30-40 cm, i quali costituiranno un importante contributo alle quote tra i 2100 m e i 2200 m. Per tutto dicembre e gennaio al di sopra dei 2300 m si possono annotare temperature oscillanti intorno alla media stagionale di circa -1°C e precipitazioni nevose abbastanza frequenti con conseguente incremento dell’altezza del manto nevoso. Novembre, dicembre e gennaio evidenziano apporti di moderata entità anche alle quote tra i 2400 m e i 2500 m, con singoli depositi di neve fresca fino a 50 cm (data 5 dicembre 2022) e successivo assestamento del manto nevoso intorno ai 120-130 cm per tutto l’inverno fino alla prima metà di aprile. In parallelo, per le località attorno ai 1800-1900 m, si sono registrati massimi di accumulo prettamente nel mese di dicembre, con apporti anche di 57 cm alla stazione di Madesimo (1880 m) in data 4 dicembre 2022. Tali eventi sono stati favoriti da temperature prossime agli 0°C con massime non superiori a 2°C.

In generale, il mese di febbraio si presenta piuttosto stabile con temperature sempre prossime ai 0°C oltre i 2000 m sui settori centro-orientali. Contesto favorevole alla preservazione del manto nevoso. A cavallo tra gennaio e febbraio si annotano venti prevalenti con velocità media di circa 8 m/s (equivalente circa a 30 km/h) in quasi tutte le stazioni di riferimento; la conseguenza da un punto di vista nivologico è la ridistribuzione del manto nevoso, con ampie zone erose alternate a locali accumuli anche di medio grandi dimensioni, e problematiche legate alla neve ventata (valanghe a lastroni).

Nella fascia alpina compresa tra i 1800 m e i 2000 m si registra a febbraio un periodo di 10 giorni particolarmente secchi e caldi per la media stagionale, con temperature di 9-10°C, con propensione alla parziale riduzione di spessore della neve depositata i mesi precedenti.

Marzo e aprile si rivelano mesi interessanti per le dinamiche di accumulo. Intorno ai 1800-1900 m si verificano importanti eventi nevosi con apporti di 20-30 cm su tutto l’arco delle Retiche lombarde in contemporanea a un abbassamento delle temperature minime, per le quali si registrano nella giornata del 15 marzo – 7°C a 2151 m Lanzada Palù e -14 °C a 3032 m al passo Marinelli.  Alle quote superiori fino ai 2300 m i livelli di altezza neve si mantengono pressoché costanti intono ai 90 cm per l’intero periodo. Nonostante ciò, inizio aprile si presenta come un periodo di instabilità tra i 1800 m e i 2100 m dove si comincia ad avvertire un clima più primaverile, con le ultime leggere nevicate di pochi centimetri. Episodio rilevante si è verificato al 21 aprile deponendo al suolo ben 70 cm di neve fresca anche a 1900 m (zona omogenea delle Retiche Occidentali – area dell’alta Valchiavenna). Dato il periodo, tali apporti nevosi perderanno rapidamente spessore. La seconda metà di aprile si è prospettata proficua in termini di accumulo nevoso per le maggiori quote con eventi di precipitazione ancora di 20-30 cm nei pressi dei 2300 m e di 40-50 cm (14-21 aprile e 2 maggio) a 2400-2500 m. Nel suddetto periodo si sono registrate temperature massime intorno ai 10°C e picchi di temperature minime di -14°C. Tali cicli di fusione e rigelo hanno determinano un miglioramento complessivo della stabilità del manto nevoso.

Maggio è caratterizzato da temperature medie massime intorno ai 13°C e minime di 3°C (approssimati). Clima decisamente più mite anche a 2000 m con temperature medie di 10-11°C e a 3000 m di 5-6°C, decretando così il termine della stagione di accumulo nevoso.

Attività eolica poco rilevante in quanto inferiore a 5,5 m/s (ossia 20 km/h).  

Sulle Prealpi lombarde, gli eventi nevosi sono stati più ricorrenti rispetto l’anno prima, ma di minor intensità. Infatti, il quantitativo di neve accumulata al suolo non supera i 20 cm tra i 1000 e i 1200 m e i 30 cm per le quote maggiori fino ai 1800 m. Inverno caratterizzato da un clima prettamente fresco e mai pienamente freddo, con oscillazioni termiche leggermente superiori alla media. A quote superiori i 1700 m, nelle sezioni delle Prealpi bresciane e lariane, si possono evidenziare tre importanti contributi alla componente nevosa stagionale rispettivamente a fine dicembre, fine gennaio e metà aprile. Eventi ritenuti rilevanti per il mantenimento di un sottile strato di neve al suolo, creatosi inseguito al miglior andamento stagionale che registra più giorni di nevicate, sebbene con quantitativi modesti. Mentre, nel settore bergamasco a quote inferiori ai 1100m, si calcolano volumi di neve ancora più contenuti.

Per tutte le località, con l’inizio di maggio si registrano trend negativi, con territorio privo di innevamento anche a quote superiori ai 1800m.

Consuntivo stagionale delle campagne Snow-Water Equivalent. Dati assoluti in Kg/m3 e percentuali differenziali anno corrente e anno precedente.

La stima del contenuto idrico della neve (SWE) a scala regionale, consente di valutare la quantità totale di equivalente in acqua immagazzinata nella neve e la sua distribuzione spaziale. Tale parametro riveste notevole importanza nel bilancio idrologico, in quanto rappresenta una riserva idrica che ha capacità di rilascio graduale ed è al tempo stesso un fattore da monitorare nella catena di controllo e di allertamento idrogeologico.

Il calcolo del SWE si basa sulla valutazione dell'estensione della copertura nevosa e sulla misurazione dell'altezza e della densità del manto nevoso.

I rilievi sono stati effettuati a quote elevate (oltre i 3000 m s.l.m.) ad integrare i dati raccolti in continuo attraverso la capillare rete di stazioni nivometeorologiche automatiche presenti sul territorio montano lombardo che però, attualmente, risultano collocate a quote inferiori.

Sono stati eseguiti decine di carotaggi e di misure dell’altezza del manto nivale su:

  • ghiacciai del Vioz e Dosegù nel Sottogruppo Cevedale-San Matteo;
  • ghiacciaio di Alpe Sud sul Monte Sobretta;
  • ghiacciaio dei Vitelli nel Sottogruppo Ortles-Cristallo;
  • ghiacciai dell’Adamello e del Pisgana nel Gruppo dell’Adamello;
  • ghiacciai di Fellaria Orientale e Occidentale nel Gruppo del Bernina.

I campionamenti sono stati svolti alle quote comprese tra i 2.763 metri alla fronte del Ghiacciaio Pisgana ed i 3.620 del Ghiacciaio di Fellaria Orientale, nei pressi della Forcola di Bellavista.

Dai dati complessivamente raccolti si può confermare che l’ultima stagione sia stata caratterizzata da un innevamento migliore rispetto all’inverno precedente; condizione dovuta principalmente ai cospicui apporti nevosi primaverili che hanno interessato le quote maggiori.

Nell’immagine viene riportato l'equivalente in acqua della neve (SWE) calcolato a partire dai dati raccolti, espresso in kg/m² (ovvero considerato come il peso dell'acqua di disgelo per metro quadrato che risulterebbe se il manto nevoso si fondesse del tutto).

Nell’area dell’Adamello sono stati misurati mediamente 9 metri di neve cumulata, a differenza dei 3-4 metri della primavera 2022. Sui ghiacciai dell’alta Valtellina gli accumuli sono risultati variabili tra 8 e 11 metri di neve cumulata, con un incremento del 30-40 % in più rispetto allo scorso inverno. Anche nella zona dell’alta Valmalenco sono stati misurati valori superiori rispetto al 2022, con 17 metri di neve cumulata sull’altopiano del Fellaria Orientale e 9 metri di neve cumulata sul sottostante ghiacciaio del Fellaria Occidentale.

Considerando le caratteristiche fisico-meccaniche del manto nevoso, la qualità dell’innevamento è stata mediocre. A livello generale la stratigrafia è stata caratterizzata da una parte basale sgranata e porosa (riconducibile alla prima parte dell’inverno, ove le nevicate sono state sporadiche, alternate a periodi di freddo prolungato e venti persistenti), sopra le quali si sono deposte le nevicate primaverili, a tratti anche copiose e caratterizzate da densità ben più elevate. Questo livello superficiale ha preservato dalla fusione gli strati sottostanti sino ai primi di luglio. L’arrivo delle prime ondate di calore ha rapidamente ridotto gli spessori, dileguando in poco tempo l’intera coltre nivale.

Ghiacciaio di Alpe Sud – alta Valtellina. Confronto fotografico settembre 2022- settembre 2023

I ghiacciai rispondono in modo diretto e rapido alle dinamiche di cambiamento climatico (variazione temperature e regimi pluviometrici) modificando le proprie caratteristiche morfologiche e la loro dinamica con una riduzione della massa glaciale, un progressivo arretramento delle fronti glaciali, un incremento delle zone crepacciate, la formazione di depressioni e di laghi sulla superficie, l’aumento dell’instabilità di seracchi pensili. Questa grande sensibilità alle variazioni del clima rende i ghiacciai dei preziosi indicatori che consentono di quantificare l’intensità con cui sta agendo il riscaldamento globale.

Il Centro Nivometeorologico di ARPA Lombardia monitora diversi ghiacciai sull’arco alpino lombardo, sia mediante rilievi invernali, volti a quantificare l’entità degli accumuli nivali, che nel periodo estivo autunnale al fine di quantificarne la perdita di massa attraverso varie metodologie di rilievo (confronto letture paline ablatometriche, misure georadar, rilievi geodetici tramite GNSS e aerofotogrammetria).

In generale si può affermare che il 2023 è stato un anno negativo per il glacialismo alpino, con valori di riduzione glaciale leggermente inferiori rispetto al 2022 (anno peggiore della serie). Anche quest’anno, l’effetto combinato di elevate temperature durante la stagione estiva, che si sono protratte anche all’inizio del periodo autunnale, e di precipitazioni invernali ridotte e al di sotto delle medie del periodo, hanno segnato in maniera evidente il bilancio glaciologico lombardo, che si mantiene negativo, con considerevoli perdite di massa.

Sui settori Retici sono state misurate riduzioni di spessore fino a 3 metri a 3000 m di quota, e variazioni frontali negative che evidenziano il trend in atto, con una conseguente contrazione e arretramento delle lingue, ormai sempre più smagrite e arroccate a quote progressivamente più elevate.

Questo quadro è coerente con quanto registrato a più larga scala sulle Alpi e a livello globale.

Andamenti negli anni

Una stagione di accumulo eccezionalmente secca e caratterizzata da temperature frequentemente superiori alla media.

Dai dati complessivamente raccolti si può confermare che l’ultima stagione sia stata caratterizzata da un innevamento notevolmente inferiore alla media su tutte le montagne lombarde; condizione dovuta principalmente alle scarse precipitazioni nevose verificatesi in quota: quasi totale assenza di precipitazioni nei mesi di gennaio e marzo 2022.
Unitamente agli scarsi apporti nevosi le temperature frequentemente superiori alla media hanno determinato un accumulo nivale e una derivante risorsa idrica vicini ai minimi registrati negli ultimi 15 anni (Figura 1 - Stima potenziale dell’equivalente idrico della neve (espresso in Milioni di metri cubi, Mmc), calcolata tramite spazializzazione delle stime puntuali e l’incrocio tematico con mappe di innevamento derivate da classificazione delle immagini satellitari, per il Bacino idrografico montano Adda-Mera-Lario).

Da gennaio lo spessore medio del manto nevoso è stato sotto la norma (Figura 2 - Andamento dello spessore di neve al suolo per diverse stazioni lombarde di riferimento durante la stagione invernale 2021-2022).

Di seguito vengono sintetizzati gli aspetti e gli eventi meteorologici principali che hanno caratterizzato la stagione invernale 2021-2022.
Tra ottobre e novembre 2021 si registrano quelli che si riveleranno poi essere i principali apporti nevosi della stagione. In particolare, la perturbazione del 5-6 ottobre porta, oltre i 1800m, accumuli nevosi tra i 15 e i 40 cm (massimi registrati oltre i 2500m di quota).
Il mese di novembre si presenta un mese ricco di apporti nevosi grazie al quale l’altezza di neve al suolo risulta in linea o superiore alla media del periodo. I principali apporti si registrano nelle giornate del 1° novembre, tra il 3-4 ed il 13-14 principalmente sui settori occidentali alpini e prealpini (oltre i 1800 m di quota) e tra il 25 e 28 novembre con un fenomeno non intenso quanto i precedenti ma continuativo su tutti i settori montani. Significativa durante quest’ultimo evento l’attività eolica che determina la formazione di diffusi lastroni soffici da vento.
Il mese di dicembre, ad esclusione della nevicata dell’8/12, si presenta come un mese eccezionalmente “secco” con apporti nevosi sotto la media del periodo e caratterizzato, a partire dal 11/12, da episodi e condizioni di foehn e temperature miti. Nell’ultima settimana di dicembre il principale problema valanghivo risulta difatti essere legato a valanghe di neve umida e bagnata già al di sotto dei 2200 m di quota.
Anche il mese di gennaio 2022 si caratterizza per anomalie di precipitazioni negative su tutto il territorio regionale (unico evento di debole intensità registrato il giorno 5) e temperature medie, ad esclusione di 2-3 singoli casi, per tutto il mese oltre la norma. Ne consegue che i quantitativi di equivalente idrico della neve stimati nei bacini montani risultano complessivamente inferiori alla media mensile.
Durante la prima metà di febbraio si registrano diverse precipitazioni nevose, per lo più accompagnate o immediatamente seguite da attività eolica con la conseguente formazione di nuovi accumuli e lastroni da vento. La neve fresca accumulata nel mese di febbraio si aggira mediamente tra i 30 e i 40 cm. Nonostante tali apporti l’altezza neve al suolo risulta sotto la media e vicina ai minimi del periodo di riferimento.
Il mese di marzo si presenta come un altro mese eccezionalmente secco con assenza di significativi apporti nevosi e temperature medie generalmente sopra la media in particolare per le quote più elevate (es. Stazione di Livigno – La Vallaccia 2660 m s.l.m.). L’altezza di neve al suolo è su tutto il territorio lombardo complessivamente prossima ai minimi storici.
Aprile si afferma come un mese dinamico e spiccatamente primaverile, caratterizzato dall'alternanza tra le prime avvezioni miti da sud e incursioni fresche piovose. Nuovi moderati apporti nevosi a inizio mese si depositano su un manto di neve vecchia per lo più consolidato; sulle Orobie in particolare caratterizzato dalla presenza di croste da fusione e rigelo. Aumento del grado di pericolo valanghe in seguito all’evento del 23-24 aprile dettato dalla presenza di nuovi accumuli di neve ventata.
Al “clima fresco” del mese di aprile segue un mese di maggio caratterizzato, già a inizio della seconda decade, da temperature diurne decisamente superiori alla media ed da un clima pienamente “estivo” (importante anomalia su tutto il territorio regionale ancora più marcata in quota). La situazione d’innevamento sulle Alpi, che già si presentava estremamente deficitaria per via delle scarse precipitazioni dei mesi precedenti, con le temperature elevate, fa sì che già dalla prima metà del mese di maggio si estingua la poca neve ancora presente sotto i 2400m di quota.
Per maggiori dettagli ed approfondimenti consultare lo Speciale della Rivista Neve e Valanghe (AINEVA) dedicato ai Resoconti Stagionali: AINEVA - Resoconti Stagionali

Data ultimo aggiornamento: 27/10/2023

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27/10/2023

Data inserimento: 01/03/2023

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01/03/2023

Struttura responsabile del contenuto informativo: Neve e ghiacciai

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Struttura responsabile della pubblicazione: Comunicazione

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