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Inquadramento generale

Panoramica del SIN "Laghi di Mantova e Polo Chimico"

Il polo chimico di Mantova, insieme agli insediamenti industriali di Venezia-Porto Marghera, Ferrara e Ravenna, appartiene a quello che si definisce il “Quadrilatero del nord” dell’industria chimica italiana; oltre alla comune sorte produttiva e alle problematiche ambientali correlate, la natura di “quadrilatero” è data dal collegamento fisico dei poli, mediante strutture interrate (pipe-line) utilizzate per l’approvvigionamento di materie prime a partire dall’impianto cracking di Porto Marghera.

Il sito Laghi di Mantova e Polo chimico è stato inserito nei Siti di Interesse Nazionale (SIN) con la legge 31 luglio del 2002, n. 179 (articolo 14) di modifica della legge 9 dicembre 1998, n. 426. La relativa perimetrazione è stata individuata con il decreto del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio del 7 febbraio del 2003. L'estensione del SIN è di circa 1030 ha.

Nel SIN sono distinguibili tre comparti ambientali:

  • i Laghi di Mantova (Lago di Mezzo e Inferiore)
  • il Polo Chimico, che occupa una superficie di 3,5 Kmq (quanto il centro abitato della città di Mantova) e dove sono presenti diversi insediamenti produttivi, tra cui spiccano:
    • il petrolchimico del gruppo ENI (Versalis, Eni Rewind, EniPower),
    • l'ex Raffineria IES (gruppo MOL),
    • altre realtà industriali medio-piccole;
  • la riserva naturale della Vallazza, le aree umide e alcuni tratti del fiume Mincio che rappresentano il bersaglio ambientale della contaminazione proveniente dal polo chimico.

 

Veduta aerea dell’impianto (Fonte Google Maps)

Lo stabilimento petrolchimico di Mantova nasce nel 1956 per iniziativa della società Edison poi divenuta Montedison, quindi Montedipe; nel 1989 è conferito nella joint venture denominata Enimont che nel 1991 viene incorporata da ENI, lo stabilimento diviene parte della società Enichem. Nel 2000 le attività di gestione, produzione e distribuzione di energia elettrica passano alla società Enipower Mantova. Nel 2002 il ramo produttivo del petrolchimico (attività chimiche e strategiche) è acquisito da Polimeri Europa, che nel 2012 diventa Versalis; le aree non produttive, comprese le discariche, sono rimaste di proprietà Enichem (ora Eni Rewind).

Attualmente l’assetto produttivo prevede, mediante una serie di impianti che lavorano sia in serie che in successione, la trasformazione delle materie prime (benzene, etilbenzene, etilene, cumene, acrilonitrile e pentano) per la produzione di stirene, polistirolo, fenolo e derivati.

Nel tempo alcuni cicli produttivi particolarmente impattanti hanno cessato la loro attività; tra questi l’impianto craking (1978), l’anidride maleica (1991) e il cloro-soda (1991).

Nell’impianto cloro-soda venivano prodotti soda caustica e cloro a partire dal salgemma, utilizzando celle elettrolitiche al mercurio; sebbene l’impianto sia stato quasi completamente smantellato, è ancora presente il fabbricato dove si svolgevano le attività più critiche, ossia dove erano alloggiate le celle a mercurio ora rimosse. Nel sottosuolo della sala celle è presente mercurio in forma metallica (palline di mercurio) che è penetrato nel terreno fino a raggiungere la falda.

Gli scarichi del petrolchimico sono recapitati, fin dai primi anni di attività, nel canale Sisma, un corso d’acqua superficiale di ampie dimensioni, largo oltre 50 metri e lungo 1,5 chilometri; prima della costruzione del depuratore aziendale gli scarichi del petrolchimico contenevano elevate concentrazioni di inquinanti che hanno causato la contaminazione dei sedimenti del canale Sisma e del fiume Mincio.

All’interno del petrolchimico sono presenti delle aree che negli anni '60, '70 e '80 sono state utilizzate e denunciate come discariche: area Collina, area R2, vasche interrate in area L, area W, area S1 e area B+I; queste zone, in cui sono stati interrati residui di lavorazione e materiali di riporto contaminati, rappresentano delle aree particolarmente critiche da un punto di vista ambientale in quanto i rifiuti sono spesso a contatto con la falda. Attualmente sono in corso le attività di bonifica delle aree Collina e R2, proseguono le indagini integrative nelle aree B+I e W e sono state completate le operazioni di bonifica nell’area L.

L’impianto della raffineria (Fonte Bings.maps)

La raffineria di Mantova nasce nel 1946 con il nome di ICIP e negli anni ’60 conosce un forte sviluppo, con la realizzazione di nuovi impianti, tra cui quelli per la produzione delle benzine, portando la capacità di lavorazione a 2 milioni e 600 mila tonnellate/anno. Nel 1990 la proprietà della raffineria viene acquisita dalla società Cameli Petroli e nel 1994 dalla società IES Italiana Energia e Servizi spa; nel 2007 la multinazionale MOL Group acquista la raffineria, che chiude nel 2013 ed avvia un processo di trasformazione in un polo logistico, operativo da agosto 2015. Nel corso del 2023 sono iniziate le operazioni di dismissione dello stabilimento per la lavorazione del petrolio greggio propedeutiche alla trasformazione dello stabilimento in deposito di oli minerali.

Il sottosuolo della raffineria risulta contaminato da idrocarburi a causa delle perdite avvenute nel tempo da impianti, linee di processo interrate, serbatoi di stoccaggio, fognature, vasche di raccolta, ecc. Gli idrocarburi percolati nel sottosuolo hanno impregnato il terreno, raggiunto la falda e creato uno strato di fase organica (surnatante), che costituisce una sorgente primaria di contaminazione delle acque sotterranee (falda) a causa del continuo rilascio di sostanze inquinanti.

La rimozione del surnatante rappresenta una fase fondamentale della bonifica sia dei terreni che della falda; è presumibile che le attività di rimozione del surnatante e di successiva bonifica dei terreni e delle acque sotterranee dureranno ancora diversi anni.

Gli spessori di prodotto organico in corrispondenza della raffineria variano, a seconda delle zone, da pochi cm fino ad oltre un metro e sono fortemente influenzati dalle escursioni stagionali della falda: quando il livello di falda è alto si verifica un effetto “mascheramento” dovuto al surnatante che rimane intrappolato nella porosità dell’acquifero sabbioso ad opera della fase acquosa.

I Siti di Interesse Nazionale, ai fini della bonifica, sono individuabili in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali e ambientali (articolo 252 del decreto legislativo n. 152 del 2006)

Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) - SIN

Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) - SIN “Laghi di Mantova e Polo Chimico” - interventi pubblici prioritari da realizzare

I Siti di Interesse Nazionale, ai fini della bonifica, sono individuabili in relazione alle caratteristiche del sito, alle quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell'impatto sull'ambiente circostante in termini di rischio sanitario ed ecologico, nonché di pregiudizio per i beni culturali e ambientali (articolo 252 del decreto legislativo n. 152 del 2006)

Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) - SIN

Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) - SIN “Laghi di Mantova e Polo Chimico” - interventi pubblici prioritari da realizzare