Modello idrogeologico
Le analisi condotte dall’Agenzia e realizzate partendo dalle elaborazioni del modello di calcolo precedentemente introdotti da Sogesid S.p.a. hanno consentito di fornire, forse per la prima volta in modo approfondito, una rappresentazione di dettaglio del sottosuolo, delle condizioni idrodinamiche della falda, nonché dei complessi processi naturali e antropici che governano il flusso delle acque sotterranee e il trasporto degli inquinanti in falda nell’area del SIN Brescia-Caffaro.
La ricostruzione del sottosuolo nell’area in esame è stato uno dei passaggi più critici dell’intero processo di modellizzazione: la rappresentazione geologica e idrogeologica coerente del dominio ha richiesto uno sforzo interdisciplinare e di recupero dati da fonti bibliografiche non indifferente. Lungi dall’essere la riproduzione definitiva del sottosuolo del SIN, è comunque un punto di partenza che presenta una sua coerenza interna, dal quale sarà poi possibile procedere a successivi miglioramenti.
I modelli di flusso simulati hanno permesso, tramite adeguata taratura, di restituire delle simulazioni coerenti con i valori riscontrati durante le diverse campagne di misura effettuate all’interno del SIN, con errori di misura medi di 30 cm e con un bilancio di massa delle acque sotterranee coerente.
Anche il modello di trasporto realizzato per il cromo esavalente ha mostrato una buona coerenza di risultati fornendo uno strumento di simulazione molto efficace ed in grado di prevedere evoluzioni dello stato qualitativo della falda, nonché di individuare le possibili origini dell’attuale contaminazione.
Risultati del modello realizzato dall’Agenzia
L’acquisizione e l’elaborazione di una significativa mole di dati geologici, idrologici, idrogeologici e geochimici, strumentale all’implementazione del modello idrogeologico di flusso e trasporto, ha permesso di approfondire le conoscenze e la comprensione delle dinamiche di evoluzione dei fenomeni di contaminazione che da alcuni decenni compromettono la qualità delle acque di falda nell’area bresciana.
Tale processo, supportato da una regolare serie di dati acquisiti nel corso delle campagne di monitoraggio eseguite dall’Agenzia con regolare frequenza nel periodo compreso tra il 2014 e il 2018, ha contribuito in modo determinante a:
- comprendere il regime di variazione quantitativo delle acque sotterranee nel bacino idrogeologico che comprende la fascia terminale della conoide della Val Trompia e la prospiciente media pianura bresciana, inclusi i meccanismi di alimentazione e ricarica dell’acquifero, nonché di sfruttamento della risorsa idrica nel tempo;
- fornire un modello per la comprensione dei fenomeni inquinanti e loro evoluzione, sulla base delle sorgenti di contaminazione accertate e delle interazioni con le oscillazioni piezometriche;
- interpretare in modo quantitativo i dati acquisiti nel corso dei monitoraggi al fine di identificare in modo univoco le sorgenti di contaminazione;
- ricostruire l’evoluzione, dalle origini all’attuale, dei fenomeni di contaminazione noti e prevedere possibili scenari di diffusione della contaminazione stessa.
Alla luce delle considerazioni di carattere generale sopra esposte, lo studio ha evidenziato alcuni aspetti rilevanti per la corretta comprensione del contesto quali:
- la definitiva comprensione della complessa struttura idrogeologica del territorio bresciano, caratterizzata da 3 ambiti principali (tra loro differenti ma correlabili) procedendo da nord a sud: nella parte settentrionale si riscontra la presenza di un acquifero unico indifferenziato, con alternanze di ghiaie e conglomerati che poggiano sul substrato roccioso sedimentario, con approfondimento del substrato nella zona dei pozzi nord e quartiere Casazza, da attribuire secondo alcuni autori alla presenza di una faglia all’altezza nella valle di Nave con andamento ovest-est che disloca i calcari mesozoici a profondità maggiori; procedendo verso sud, fino circa all’altezza dello stabilimento Caffaro, presenza di livelli ghiaiosi a diretto contatto con i conglomerati sottostanti, con locale presenza di livelli argillosi anche di notevole spessore che possono dare origine a falde sospese (ad esempio in corrispondenza dello stabilimento Iveco); procedendo verso sud si osserva una progressiva separazione dei livelli acquiferi, con la definizione della classica struttura idrogeologica della pianura padana (acquiferi A, B e C);
- identificazione quantitativa dei fenomeni generali di ricarica della falda, in particolare:
- ricarica per afflusso di acque sotterranee: oltre al contributo della Valle Trompia, idrogeologicamente collegata all’area del SIN, è significativo l’afflusso proveniente da ovest, nonché gli afflussi derivanti dai versanti (Colle San Giuseppe, Maddalena, Sant’Anna) che potrebbero dare luogo localmente a falda sospese;
- irrigazione, perdite acquedottistiche e da reti industriali, determinano un contributo significativo in termini di ricarica dell’acquifero stesso;
- relazioni tra fiume Mella e acque sotterranee: il contributo del fiume Mella parrebbe ancora marginale rispetto agli ulteriori elementi del bilancio idrico: tale aspetto dovrà comunque essere approfondito nel corso delle prossime fasi di implementazione del modello.
Lo strumento fornito è inoltre essenziale per la comprensione dei fenomeni geochimici e di contaminazione in atto o avvenuti in passato. I principali elementi emersi sono i seguenti:
- il contributo della valle Trompia alla contaminazione del SIN Caffaro, stimando un periodo di trasporto di 50 anni a partire dal confine nord del dominio, non si spinge verso sud oltre lo stabilimento Iveco e con concentrazioni generalmente inferiori a 5 µg/L; buona parte della contaminazione sarebbe intercettata dai campi pozzi presenti a nord;
- nell’area centrale del dominio la presenza della barriera idraulica nello stabilimento Caffaro determina una deviazione locale imponente del flusso di acque sotterranee ed interferisce in modo rilevante con il sistema di sbarramento idraulico per il risanamento delle acque di falda contaminate attivo presso il sito Oto Melara: il modello infatti evidenzia come l’eventuale contaminazione in uscita da Oto Melara potrebbe dirigersi essenzialmente in direzione est e nord-est, come confermato dai valori riscontrati nel piezometro Pz2 della Scuola Divisione Acqui, che mostra concentrazioni crescenti di cromo esavalente;
- nella porzione del quartiere Chiesanuova la presenza in passato (indicativamente fino alla metà degli anni ’80) dei pozzi industriali Pietra, Cip Zoo, nonché del più intenso utilizzo dei pozzi Chiesanuova ha determinato con ogni probabilità un contenimento parziale od un rallentamento significativo nei fenomeni di trasporto della contaminazione; tenendo conto di tale aspetto il modello ha simulato correttamente i pennacchi di contaminazione derivanti dalle 3 principali sorgenti presenti nell’area (Pietra, Baratti e Forzanini), che generano contaminazione almeno fino al confine sud del modello stesso;
- il modello ha reso evidente che le sorgenti attualmente note non sono sufficienti a fornire completa spiegazione dell’attuale contaminazione: sono presenti ulteriori sorgenti ignote che determinano significativa contaminazione delle acque sotterranee.
In generale, nelle ipotesi effettuate, si osserva una tendenza alla sottostima dell’estensione delle contaminazioni delle acque sotterranee derivanti dalle sorgenti note: nelle successive fasi di implementazione del modello verranno effettuate delle simulazioni che tengano conto delle portate storiche dei pozzi all’interno dell’area Chiesanuova, verificando l’effetto di tali emungimenti prolungati sulla diffusione della contaminazione.
Per saperne di più
Per saperne di più